Non più tardi di ieri si faceva riferimento alle “baruffe chiazzotte” domestiche.
Il rientro improvviso (e imprevisto) a Roma del Presidente del Consiglio Mario Draghi conferma ancora una volta di quanto sia precario l’equilibrio su cui si regge il Governo: il fatto che sia di “larghe intese” è, allo stesso momento, il suo punto di maggior forza e di maggior debolezza, costringendo il Primo Ministro a continue trattative per arrivare a compromessi che permettano di arrivare alla scadenza della legislatura. Questa volta è la precaria situazione del M5 Stelle, già “azionista di maggioranza” della compagine governativa, a rendere difficile il cammino dell’esecutivo, per tacere delle problematiche legate allo “Ius Scholae”, con la Lega sulle barricate.
C’è da credere che anche questa volta Draghi riuscirà a “metterci una pezza”: la congiuntura economica, per tacere della guerra alle porte della UE, sono aspetti di una tale gravità che renderebbero incomprensibile agli italiani una crisi di Governo, allontanandoli ancora di più dalla “politica” (al 2° turno della Elezioni Amministrative di domenica ha votato solo il 42% degli aventi diritto, record negativo di sempre). Ma non solo sarebbe una crisi incomprensibile: ben più gravi sarebbero le conseguenze per il nostro Paese, già duramente colpito prima dalla pandemia, poi dallo scoppio della guerra, vista la fortissima dipendenza dalle forniture energetiche dalla Russia (oggi ridotte al 25% del fabbisogno), per non parlare di un livello di inflazione che ha portato il Governo e le maggiori Istituzioni economico-finanziarie a rivedere la crescita del PIL, tema peraltro che riguarda tutto il mondo. Il tutto proprio mentre arriva la conferma che l’esecutivo ha centrato l’obiettivo posto dalla
UE per ricevere i primi € 24MD dei Fondi PNRR (11,5MD contributi, 12,6 prestiti), raggiungendo le 45 riforme richieste, e, allo stesso tempo, riparte la gara contro il tempo per centrare altri 16 obiettivi e 39 traguardi entro l’anno per ottenere la nuova tranche, del valore di € 22MD. Soldi di cui il nostro Paese ha un enorme bisogno, vista la nostra situazione finanziaria (rapporto debito/PIL 150%), e di cui non può assolutamente fare a meno per fronteggiare il caro consumi derivato dal pauroso aumento delle materie energetiche. Non è solo in gioco la crescita economica, per quanto, come detto, inferiore rispetto alle previsioni di fine 2021, ma, elemento forse ancora più importante, la stabilità sociale: senza nuovi stanziamenti a favore delle famiglie, insieme all’aumento dei “nuovi poveri”, diventerebbero quasi certezza forme di protesta che quelle si metterebbero a rischio la vita del Governo.
Intanto, le rilevazioni sull’inflazione in Spagna, Belgio e Germania indicano chiaramente una situazione ancora critica.
Se in Germania si nota una leggera regressione (dall’8% al 7,6%, grazie ad alcuni interventi del Governo che ha ridotto alcune tariffe sui trasporti), in Belgio e ancor di più in Spagna il balzo in avanti ha toccato i massimi da quasi 40 anni a questa parte. In Spagna si è arrivati al 10,2% dall’8,7% di maggio, massimo da 37 anni; in Belgio ci si è fermati al 9,8%, comunque il massimo dal 1982. Dati che ben si sposano con le dichiarazioni dei Presidenti delle maggiori Banche Centrali, riuniti, come noto, a Sintra, in Portogallo, per un Forum sulle politiche monetarie. Dichiarazioni che non lasciano spazi a dubbi: la priorità è la lotta all’inflazione. Riportarla ai livelli previsti dalle “forward guidance” delle Banche Centrali (target 2%) è la loro “mission”, a costo di rendere più difficile e precaria la crescita. Che potrebbe anche diventare “decrescita”, e quindi recessione, se gli interventi non fossero attentamente monitorati e risultassero eccessivi. Rischio che i mercati ancora ieri hanno “annusato”: lo si comprende guardano l’andamento dei rendimenti dei governativi americani e di altri Paesi. Il treasury è passato dal 3,21% di martedì al 3,09% di ieri sera, il bund dall’1,63% all’1,52%, il nostro BTP, nonostante le “risse”, dal 3,66% al 3,51%. Il motivo? Gli operatori pensano che, guardando il prossimo futuro, le probabilità di una recessione siano in aumento, costringendo le Banche Centrali a rivedere le loro politiche restrittive e, di conseguenza, allentando nuovamente la morsa sui tassi.
Chiusure appena sopra la parità ieri sera a Wall Street.
Contrastate, ancora una volta, le borse del Far East: negative Tokyo (- 1,54%) e Hong Kong, al momento a – 1%, mentre Shanghai è nuovamente in progresso (+ 1%), grazie ai dati molto positivi riguardante l’andamento dell’economia, con l’indice PMI dei servizi in aumento a 54,7 punti dai precedenti 47,8 e ben oltre le previsioni del 50,5. Così come il PMI manufatturiero, che indica 50,2 vso 49,6 di maggio.
Soffrono i futures, tutti con ribassi superiori all’1%.
Petrolio (WTI) a $ 109,68.
Stabile il gas naturale americano, a $ 6,493, mentre balza a € 139 per megawattora, + 7%.
Oro “ancorato” a $ 1.819.
Spread a 201,80, per un rendimento del BTP a 3,51%.
€/$ sempre sotto 1,05 (1,046).
Torna a soffrire il bitcoin: questa mattina si riporta sotto i $ 20.000 (19.457, – 3%).
Ps: l’Italia è una penisola, per cui, a parte un lato, è circondata dal mare. Da sempre è così. Però mai, forse, abbiamo avuto una nazionale di nuoto così forte. Ieri ennesima giornata trionfale per i nostri colori ai mondiali in corso in Ungheria. Gregorio Paltrinieri, infatti, ha vinto una nuova medaglia d’oro, questa volta nei 10km in “acque libere”, trascinando al 2° posto un altro italiano, Domenico Acerenza. Senza contare la medaglia d’argento nel misto sincronizzato tuffi dal trampolino, con 2 campioni giovanissimi: Chiara Pellicani, 19 anni, e Matteo Santoro, che di anni ne ha appena 15! Detto in un altro modo: 34 anni in due…